Nel testo originale ucraino di Ščedryk una rondinella celebra la generosità della natura, fonte di prosperità per l’uomo: è primavera e nell’ovile sono nati gli agnelli. In epoca precristiana era in primavera che iniziava il nuovo anno. Nella versione inglese Carol of the Bells (realizzata nel 1936 dal compositore ucraino-americano Peter Vilhovskij), il suono delle campane celebra la gioia del Natale cristiano. Ščedryk, composizione di Mykola Leontovič (in foto) eseguita da un coro nazionale in missione diplomatica all’estero, è diventata uno dei canti natalizi più noti al mondo.
Nel 1917, dopo la Rivoluzione russa e la fine dell’impero zarista i nazionalisti ucraini nutrirono speranze di libertà e costituirono la Repubblica popolare ucraina. Fu un’esperienza di breve durata, perché nel 1922, dopo innumerevoli disordini e scontri armati, l’Ucraina fu inglobata nell’URSS, come Repubblica socialista sovietica ucraina. Nonostante la guerra civile e l’instabilità istituzionale, in quel breve periodo ci fu chi riuscì a pianificare azioni di diplomazia culturale. Nel 1919 Symon Petljura, allora guida politica della Repubblica popolare ucraina, affidò a un affermato direttore d’orchestra e di cori, Oleksandr Košyc’, l’incarico di creare un coro che facesse conoscere al mondo l’identità e l’aspirazione alla libertà del popolo ucraino. In pochi mesi si completò la selezione dei coristi e la preparazione di un repertorio che fu presentato per la prima volta all’estero al Teatro Nazionale di Praga, dove riscosse un successo strepitoso. Le repliche, sia a Praga sia in altre città ceche, registrarono il tutto esaurito e ottennero da parte dei critici recensioni entusiastiche. Fu poi la volta di Polonia, Francia, Austria, Svizzera, Belgio, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti. Le esibizioni del Coro a cappella della Repubblica ucraina contribuirono a diffondere all’estero un’immagine inedita dell’Ucraina e della sua lotta per la libertà. Sono emblematiche a questo proposito le parole di un critico americano: «Hanno non solo donato al nostro Paese il miglior canto che avessimo mai udito, ma hanno anche inserito l’Ucraina sulla mappa artistica mondiale come nazione innamorata della musica. E tutto ciò quando noi la consideravamo una terra desolata di cosacchi e di agricoltori nomadi» (Clay M. Greene, The San Francisco Journal, 1/02/1924). Mentre il pubblico americano decretava l’inizio della fortuna imperitura di Ščedryk, chi l’aveva composta, Mykola Leontovyč, cadeva vittima della repressione bolscevica, fucilato nel 1921 all’età di quarantatré anni, ignaro del suo successo internazionale.
Dopo l’esecuzione da parte del Coro Artistico Russo (1925), Ščedryk fu considerato spesso all’estero come un canto popolare russo, senza alcuna connessione con la cultura ucraina e con il nome del suo compositore. Lo stesso destino ha subito per lungo tempo la lingua ucraina, vittima di una pianificata degradazione a variante dialettale della lingua russa, nell’ambito della politica sovietica di svilimento delle identità culturali nazionali.
Agosto 2025
