Il ricordo del primordiale legame con la terra e con i cicli di morte e rinascita della natura si tramanda nella cultura ucraina anche nell’etimologia dei nomi dei mesi. Il risveglio primaverile opo il disgelo avviene nel mese di marzo, bèrezen’, quando la betulla, berèza, comincia a fiorire1. Ma è ad aprile che si assiste a una vera e propria esplosione delle fioriture: aprile, kviten’, è il mese dei fiori, kvìty. A maggio, tràven’, l’erba, travà, ricopre i pascoli in tutto il suo rigoglio. Il nome del mese di giugno, červen’ 2 deriva probabilmente da čèrvez’, a sua volta connesso con červònyj 3, che significa “rosso”. Quando sta per iniziare l’estate, a giugno, compare il čèrvez’ , la cocciniglia, da cuigià nell’antichità si estraeva un colorante rosso che si usava per tingere legno e tessuti. A luglio, lypen’, è l’aria è pervasa dal profumo dei fiori di tiglio, lypa. Ad agosto, sèrpen’, si tagliano le messi con la falce, serp, mentre il nome del mese di settembre, vèrezen’, è probabilmente legato all’erica, vères, che in autunno ricopre prati e colline con i suoi fiori variopinti e, come il tiglio, è una pianta mellifera molto apprezzata. Ottobre, žovten’, è il mese in cui il verde delle foglie si muta in giallo, žovtyj 4. A novembre, lystopàd, cadono le foglie: lyst è la foglia e pad è la radice del verbo che significa “cadere”. A dicembre la terra, spoglia di vegetazione, gela: il nome del mese, grùden’, deriva dal protoslavo grùda, che indica appunto la terra ghiacciata. Sull’etimologia del nome di gennaio, sìčen’, ci sono varie ipotesi, che lo collegano al disboscamento di aree destinate alla semina primaverile, ma anche ai venti che soffiano (sičùt’) impetuosi, portando tempeste di neve. Febbraio è freddo, rigido, quindi malvagio e crudele, come lo definisce l’aggettivo protoslavo da cui deriva il suo nome, ljùten’.. E dopo febbraio arriva il primo giorno di marzo, che gli ucraini festeggiano come inizio della primavera: la natura si rinnova, dalla morte invernale nasce ancora una volta la vita.
1 Nella trascrizione del cirillico ucraino “z” non si legge come la zeta italiana, ma come la esse in “rosa”; l’apostrofo alla fine della parola indica un addolcimento della consonante finale, che si pronuncia quindi in modo vagamente simile alla “gn” di “gnomo”.
2 Č si legge come la ci di “cento”.
3 “Y” e “j” indicano suoni non presenti nella lingua italiana; possiamo approssimativamente, seppur impropriamente, leggerli come “i”.
4 Ž si pronuncia all’incirca come j nel francese je.
Aprile 2025
